L’autismo femminile

In Italia 1 bambino su 77, nella fascia d’età tra 7 e 9 anni, presenta una diagnosi di disturbo dello spettro autistico, con una prevalenza decisamente superiore nei maschi, pari a 4,4 volte maggiore rispetto alle femmine. Sebbene con una frequenza più contenuta, l’autismo è presente anche nelle persone di sesso femminile, ma emerge con manifestazioni e modalità differenti e rispetto alle quali i sistemi diagnostici internazionali risultano meno sensibili e dunque meno in grado di rilevare la presenza di una condizione clinica rientrate nello spettro autistico. Naturalmente questa falla, perché di questo si tratta, nelle metodologie e negli strumenti di valutazione e diagnosi può comportare conseguenze estremamente significative per quelle bambine e ragazze, che si trovano a ricevere una diagnosi dopo molti anni dalla rilevazione dei primi elementi di fragilità o di vulnerabilità. Ancora più grave è la contingenza di quelle persone che la diagnosi non la ricevono affatto e che dunque si trovano a dover fare i conti con un impatto negativo nella propria qualità della vita e a livello del benessere psicofisico, senza che venga consentito loro di dare un nome alla propria condizione. 

Differenze tra uomini e donne nello spettro 

Sin dagli esordi con studiosi del calibro di Hans Asperger, quando si parla di autismo, anche fra gli esperti, si fa riferimento al modo in cui il disturbo emerge e prende forma negli individui di sesso maschile e questo, come ben evidenziato da Davide Moscone nella sua prefazione italiana del libro “Aspergirls. Valorizzare le donne con Sindrome di Asperger e condizioni dello Spettro Autistico Lieve”, ha contribuito a veicolare tutta una serie di falsi miti sulle caratteristiche prevalenti nelle persone autistiche. Le ragazze e le donne autistiche in particolare hanno una maggiore probabilità che la loro condizione clinica non venga attenzionata e rilevata poiché, a differenza dei loro coetanei autistici di sesso maschile, presentano più di frequente una capacità di modificarsi, quasi camaleontica e inoltre gli interessi ristretti e stereotipati, seppur presenti, tendono a non essere così insoliti. Per esempio, molte ragazze autistiche ad alto funzionamento hanno una passione, talora sfrenata, per la lettura, per l’arte, per la musica, per gli animali, per i numeri, per le bambole, tutte dimensioni considerate usuali e poco o per nulla bizzarre. La rigidità emerge dunque nel modo in cui queste passioni vengono vissute, nella loro esclusività per esempio, ma si tratta di dimensioni non facili da cogliere, se non dopo un confronto approfondito e attento con la persona. 

Perché l’autismo femminile può passare inosservato?

Il primo motivo per il quale l’autismo femminile può passare inosservato sta, come evidenziato sopra, nel fatto che i sistemi diagnostici sono poco sensibili alle forme attraverso le quali l’autismo si manifesta negli individui di sesso femminile, a cui spesso vengono formulate diagnosi totalmente errate (disturbo borderline di personalità, disturbo depressivo o bipolare, disturbo d’ansia, DCA, DOC, mutismo selettivo, agorafobia), alle quali naturalmente conseguono proposte trattamentali inadeguate e, nella peggiore delle ipotesi, tali da comportare ulteriori fatiche alla persona. Un secondo motivo invece è inerente la maggiore capacità delle ragazze e delle donne di compensare la scarsa competenza a livello sociale e relazionale, apprendendo modalità socialmente accettate per imitazione e giungendo dunque a “mascherare” questa loro fragilità (in inglese si fa riferimento a tale dimensione con il termine masking o camouflaging). È possibile che dietro a questa predisposizione, che appare quasi naturale nelle ragazze autistiche, vi sia un intenso desiderio, specie in adolescenza, di rispondere alle aspettative del mondo circostante e alle norme sociali del contesto di appartenenza, che le induce ad imparare come si comunica e come ci si rapporta con gli altri e come ci si deve comportare per risultare “adeguate” ed essere apprezzate. Naturalmente tale dinamica comporta una grandissima forzatura, che non può non avere una ricaduta a livello del mondo interno e della dimensione emotiva di una persona, che deve fare moltissimi sforzi per controllare la sua spontaneità e autenticità e si trova a non potersi esprimere in maniera libera e in linea con il proprio modo di sentire, di vivere e di pensare, che deve invece poter  trovare uno spazio nel mondo per quello che è e non per quello che “dovrebbe essere”. 

 

Dott.sa Erika Marchetti

Psicologa Psicoterapeuta