Che cos’è l’autismo?

Attualmente, nella letteratura scientifica, non si parla più di autismo, ma di disturbi dello spettro autistico, per specificare e sottolineare, sin dalla denominazione clinica, la natura estremamente eterogenea e varia di questa diagnosi. I disturbi dello spettro autistico sono dunque disturbi del neuro-sviluppo, che coinvolgono principalmente alcune aree del funzionamento e nello specifico la sfera della comunicazione e dell’interazione sociale e l’area comportamentale, che può vedere la presenza significativa di interessi ristretti, comportamenti ripetitivi e stereotipie (per esempio, verbali o motorie). 

Autismo: cenni storici

Il termine autismo venne utilizzato per la prima volta nell’ ‘800  dallo psichiatra Eugen Bleuler, che lo impiega per fare riferimento ad uno dei sintomi della schizofrenia, consistente nel ritiro su sé stessa della persona.

Fu invece lo psichiatra Leo Kanner che nel 1943 parlò di autismo infantile precoce, in relazione ad una sindrome, da lui rilevata in 11 bambini, osservati nel contesto di un lavoro di ricerca, condotto presso l’ospedale statunitense Johns Hopkins. Un elemento individuato trasversalmente in tutti i bambini era una modalità particolare di approccio al gioco e alle relazioni, che li vedeva prediligere il gioco solitario e rilevava una certa propensione all’isolamento e una importante difficoltà a creare relazioni affettivamente significative. Anche il linguaggio era una dimensione connotata da alcune fragilità; nella maggior parte dei bambini era presente un ritardo nello sviluppo linguistico e vi era una presenza considerevole di ecolalie e interpretazioni letterali degli scambi linguistici. 

Le dimensioni dei disturbi dello spettro autistico

Il DSM 5, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, ha individuato due criteri o dimensioni per la diagnosi di disturbo dello spettro autistico:

  • A- Deficit persistente della comunicazione sociale e nell’interazione sociale in molteplici contesti;
  • B- Pattern di comportamento, interessi o attività ristretti e ripetitivi.

Una volta formulata la diagnosi può essere integrata da uno o più dei seguenti specificatori:

  • Con o senza compromissione intellettiva concomitante;
  • Con o senza compromissione del linguaggio;
  • Associata a una condizione medica o genetica nota o fattore ambientale;
  • Associata a un altro problema del neuro sviluppo, mentale o di comportamento. 

Infine il DSM 5 individua tre livelli di gravità e di supporto richiesto dalla condizione clinica:

  • Livello 1- Necessario un supporto
  • Livello 2- Necessario un supporto significativo
  • Livello3-  Necessario un supporto molto significativo

Autismo ad alto funzionamento

L’autismo ad alto funzionamento è una delle forme attraverso le quali può manifestarsi un disturbo dello spettro autistico che, contrariamente ad altre condizioni cliniche rientranti nello spettro, può essere oggetto di una diagnosi tardiva, stanti le elevate capacità dei bambini, specie da un punto di vista cognitivo, nel compensare le eventuali difficoltà o fragilità. 

Nell’autismo ad alto funzionamento infatti anche delle aree o dimensioni, che notoriamente risultano deficitarie nelle persone autistiche, possono avere uno sviluppo adeguato, per esempio il linguaggio solitamente compare e segue uno sviluppo tipico, sebbene talvolta possa risultare per certi aspetti bizzarro o poco convenzionale. Inoltre, benché siano presenti delle difficoltà per quanto attiene al livello delle competenze sociali e interattive (per es. la scarsa capacità di mettersi nei panni degli altri e di immaginare quali pensieri e scopi possano esserci alla base delle condotte comportamentali altrui), spesso i bambini e i ragazzi autistici ad alto funzionamento hanno un forte interesse per il mondo circostante e per gli altri, con cui instaurano relazioni, talora anche particolarmente intense e profonde. Nell’autismo ad alto funzionamento, infine, è presente un quoziente intellettivo non inferiore a 70.

È importante sottolineare come, sebbene gli autistici ad alto funzionamento abbiano moltissime risorse e potenzialità a loro disposizione, soprattutto durante l’infanzia, è comunque importante che i bambini vengano sostenuti e supportati, per esempio nel contesto scolastico, al fine di poter sviluppare e fare propri tutta una serie di strumenti e strategie funzionali, non solo agli apprendimenti, ma anche alla quotidianità e alle relazioni sociali.

Autismo: la diagnosi

La diagnosi di autismo è un processo complesso e che si basa essenzialmente su metodi e dati di tipo osservativo. Solitamente accade che siano i genitori a notare nel proprio bambino delle condotte comportamentali particolari, di cui rendono partecipe il pediatra. Tuttavia può accadere che la rilevazione di alcuni campanelli di allarme possa essere fatta nell’ambito di contesti extrafamigliari, quali l’asilo nido, la scuola dell’infanzia o la scuola primaria. 

Il primo passo che un genitore deve compiere, in caso abbia un sospetto circa una possibile difficoltà del proprio figlio, è quello di confrontarsi con il pediatra di riferimento. Sarà il medico, qualora lo ritenga opportuno, a prescrivere eventuali approfondimenti specialistici. La diagnosi deve essere formulata da un’equipe di professionisti appartenenti al Sistema Sanitario Nazionale o accreditata con quest’ultimo. Solitamente le equipe, che si occupano di valutazione e diagnosi di disturbi dello spettro autistico, sono composte dalle seguenti figure: neuropsichiatra infantile, psicologo, neuro psicomotricista, logopedista ed educatore. 

I test usati per la diagnosi dell’autismo

Tra i test più comunemente usati per la diagnosi dei disturbi dello spettro autistico troviamo:

    • L’ ADOS 2 (AUTISM DIAGNOSTIC OBSERVATIONAL SCHEDULE-2), che viene considerato ad oggi il gold standard, a livello internazionale. Il test prevede lo svolgimento di alcune attività standardizzate, che permettono all’esaminatore di osservare e valutare quei comportamenti, che consentono di discriminare la presenza o meno del disturbo;
    • il PEP (PROFILO PSICO EDUCATIVO), uno strumento valutativo preciso ed efficace, che consente di formulare una valutazione sia nell’ambito dei disturbi dello spettro autistico, che nel campo più ampio delle difficoltà comunicative e comportamentali;
    • le GMDS (GRIFFITHS MENTAL DEVELOPMENT SCALES), uno strumento valutativo per bambini dalla nascita sino agli 8 anni di età.

Le terapie

Il trattamento più efficace nell’ambito dei disturbi dello spettro autistico è quello psicoeducativo. Per poter avere un impatto significativo sulla qualità della vita della persona autistica è bene che il trattamento venga introdotto precocemente e preveda il coinvolgimento dei famigliari e del personale scolastico ed educativo, che si occupa del bambino e del ragazzo. L’intervento deve dunque essere condotto in un’ottica multidisciplinare e deve essere successivo alla formulazione di una precisa valutazione diagnostica e funzionale. Fondamentale è anche la formulazione di un  progetto a lungo termine per la persona, che tenga conto di tutti i servizi educativi, assistenziali e sanitari coinvolti nella presa in carico e dei molteplici ambiti di vita dell’individuo. Un intervento psicoeducativo efficace deve necessariamente essere personalizzato e stilato sulla base dei bisogni, delle fragilità e delle potenzialità del bambino, del ragazzo o dell’adulto. I genitori e i caregiver devono infine essere opportunamente formati e supportati mediante la partecipazione a percorsi di parent training, individuali o di gruppo. 

Autismo oggi: barriere e facilitatori

Una delle principali barriere che si trovano ad affrontare le persone autistiche consiste nella scarsa conoscenza che il contesto sociale, in generale, mostra di possedere in relazione a questo disturbo  e che spesso conduce i più a nutrire pregiudizi o false convinzioni a tale riguardo. Per esempio, un’indagine condotta dal Censis nel 2010 ha rilevato come l’autismo fosse una condizione clinica poco nota agli italiani, che in molti casi ritengono che dietro tale disturbo vi sia una qualche genialità nascosta. Le persone neurodiverse, così come quelle neurotipiche, possono avere differenti livelli cognitivi e alcuni hanno un’intelligenza superiore alla media, alcuni, non tutti! E’ vero che alcune persone autistiche possono essere particolarmente brave con i numeri, con la musica, possono avere una memoria molto spiccata, ma non è così per tutti naturalmente. Inoltre occorre considerare come, in svariate circostanze, la propensione a manifestare interessi ristretti, se opportunamente incanalata, può condurre la persona autistica a divenire molto competente e abile in una particolare area (per esempio, la storia, l’astronomia), ma anche in questo caso, una predisposizione naturale, viene affinata e supportata da un grande impegno, tempo profuso e forza di volontà. Non è così per tutti noi?

Infine un facilitatore, forse tra i più importanti, specie nell’infanzia, consiste nel fornire al bambino e al ragazzo autistico la possibilità di comunicare i propri pensieri, le emozioni, i desideri nelle forme e nelle modalità più congeniali per la persona. Non focalizziamoci solo sulla comunicazione verbale e linguistica! Comunicare con il linguaggio è importante ma non è la sola forma di interazione e relazione con l’altro. I canali possono essere molteplici, versatili e integrabili fra loro. Affidiamoci a professionisti che hanno come obiettivo la comunicazione e non solo l’acquisizione del linguaggio verbale!

 

Dott.sa Erika Marchetti

Psicologa Psicoterapeuta