La storia di Giacomo

I genitori di Giacomo, un bambino di 8 anni, mi contattano poiché, ormai da quasi un anno, il figlio si rifiuta categoricamente di restare da solo, anche per pochi minuti, nella sua camera e le resistenze più importanti emergono la sera, quando è ora di coricarsi. In quel frangente il bambino ha delle crisi di pianto, si attiva, cammina per casa e riesce a trovare conforto soltanto nel momento in cui gli viene consentito di coricarsi nel letto dei genitori. Riporta di avere paura del buio, di temere che possa accadere qualcosa di brutto a lui o ai genitori e che qualcuno possa entrare di notte in casa e fargli del male.

Nel primo colloquio con i genitori, questi ultimi mi raccontano che l’anno appena trascorso è stato estremamente complicato per la loro famiglia. La mamma si è infatti dovuta assentare per circa tre mesi da casa, per recarsi nel proprio paese d’origine, ad assistere la sorella, gravemente ammalata e priva di aiuti, venuta a mancare qualche tempo dopo.

In quei tre mesi Giacomo è rimasto a casa dei nonni paterni, poiché il padre, a causa degli impegni di lavoro, avrebbe avuto difficoltà ad occuparsi del bambino e dei suoi impegni quotidiani. Non vengono segnalati problemi negli altri contesti di vita di Giacomo né a scuola né in ambito extrascolastico e ricreativo.

I primi incontri

Incontro Giacomo in tre colloqui conoscitivi. Giacomo è un bambino intelligente, acuto, capace di comprendere e comunicare un’ampia gamma di emozioni e di mettersi nei panni dell’altro. Ha tanti interessi e ama trascorrere il tempo libero in compagnia dei coetanei. Come già anticipatomi nel colloquio genitoriale, anche Giacomo mi racconta di avere sofferto molto per la distanza della mamma, occorsa l’anno precedente; mi dice che da sempre era solito trascorrere buona parte della giornata con la mamma, che non avendo un impegno lavorativo gli dedicava spazio e attenzioni e che, quando lei è dovuta assentarsi, per lui è stato complicato adattarsi alla routine differente, propostagli a casa dei nonni. Inoltre, Giacomo mi racconta che, quando era a casa dei nonni, faticava a prendere sonno, gli mancava la sua stanza, spesso in quelle notti ha fatto degli incubi, ma non ha chiamato i nonni, poiché “sono vecchi e non volevo svegliarli”.

Da un’analisi della domanda che il bambino porta nelle sedute conoscitive, emerge come anche Giacomo, sebbene siano stati i genitori a contattarmi e a chiedermi aiuto per il figlio, abbia il desiderio di affrontare queste paure, che tanto lo fanno stare male e che destabilizzano quei momenti della giornata, che prima erano per lui degli spazi di relax e di distensione. Si tratta di un elemento importante, poiché, nelle situazioni in cui non vi è un desiderio espresso da parte del piccolo di trovare un modo per fare fronte alle proprie emozioni negative e alle loro conseguenze a livello affettivo e comportamentale, l’avvio dell’intervento psicologico può essere meno immediato e richiedere un tempo più o meno lungo per ingaggiare in prima persona il bambino nella terapia.

Proposta del percorso terapeutico

Stanti gli elementi raccolti nella fase conoscitiva, decido di proporre un percorso di psicoterapia per Giacomo, a cadenza settimanale e di coinvolgere attivamente la coppia genitoriale, proponendo loro incontri a cadenza quindicinale, con l’obiettivo sia di restituire quanto emerso nel lavoro con il bambino e trovare un loro supporto nell’adozione delle strategie di regolazione emotiva, che gradualmente verranno introdotte, sia per affrontare alcune tematiche, riferite nel primo colloquio e, a mio avviso, meritevoli di un ulteriore spazio di approfondimento.

Nel lavoro psicoterapeutico con Giacomo, ho impiegato varie tecniche espressive, il disegno, l’uso della sabbia, i materiali da modellare e giochi da tavola, con contenuto relativo al mondo delle emozioni, al fine di consentire l’affiorare dei vissuti, delle sensazioni e dei pensieri, sperimentati nell’anno appena trascorso e permetterne una successiva rielaborazione. Soprattutto nella prima fase dell’intervento, abbiamo dedicato molto tempo al lavoro sugli incubi, che Giacomo spesso faceva durante il sonno notturno: li abbiamo, disegnati, raccontati, abbiamo imparato a guardarli, modificandone creativamente gli aspetti che per Giacomo erano maggiormente spaventosi. Ho accompagnato questo lavoro, con l’inserimento di vari strumenti che potessero aiutare Giacomo a gestire, a livello pratico, i momenti di maggiore attivazione emotiva, proponendogli alcuni semplici esercizi di rilassamento e di mindfulness, che Giacomo ha imparato ad adottare, soprattutto dopo qualche mese dall’inizio della terapia. Inizialmente, le strategie che si sono rivelate più funzionali, erano quelle che implicavano una presenza massiccia dei genitori, che peraltro si sono rivelati un ausilio prezioso nell’aiutare Giacomo a contenere l’angoscia e l’agitazione psico-motoria.

Il ruolo dei genitori

Il lavoro con i genitori, oltre al focus inerente le strategie per supportare Giacomo nei momenti di maggiore fatica, ha lasciato spazio ai loro vissuti personali e di coppia rispetto agli accadimenti dei mesi precedenti. La mamma di Giacomo ha raccontato come la malattia della sorella abbia risvegliato in lei intensi vissuti di colpa, mai realmente elaborati, per avere lasciato la sua famiglia per trasferirsi nel Nord Italia, il senso di abbandono e di solitudine per la perdita dell’amata sorella, che ha da sempre rivestito un riferimento affettivo importantissimo, i vissuti di frustrazione e di colpa correlati al malessere di Giacomo esperito in sua assenza. Col il padre abbiamo lavorato, infine, sulla necessità, avvertita sia da lui che dalla moglie, di assumere un ruolo maggiormente attivo nella dinamica famigliare, bisogno peraltro manifestato ampiamente anche da Giacomo nei colloqui individuali.

 

 

Dott.sa Erika Marchetti

Psicologa Psicoterapeuta