La nascita di un fratellino, o una sorellina, è un momento delicato nella vita di una famiglia, in particolar modo per il primogenito che vivrà questo cambiamento iniziando dal dividere le attenzioni dei genitori, gli spazi e i tempi della routine quotidiana con il nuovo arrivato.

È un momento delicato nella vita di una famiglia per questo è bene dare importanza fin da subito a questa avvenimento cominciando dal come annunciare la nascita di un nuovo bambino e dal come accompagnare i bambini ad accettare il nuovo arrivato.

Come comunicare e spiegare la nascita di un fratellino

Partiamo da prima dell’arrivo del fratellino o sorellina, è importante già considerare il modo in cui annunceremo l’arrivo del  nuovo bambino, cerchiamo di essere il più realistici possibili raccontando cosa sta accadendo senza dare prospettive future di cose che non per forza accadranno.

Non è detto che il bambino fin da subito avrà voglia di giocare con suo fratello o che faranno delle cose insieme, non obblighiamoli a risponderci che sono felici di questa notizia: arriva il fratellino sei contento vero?, ecco magari chiediamo invece “cosa ne pensi?” e ascoltiamo la risposta.

Come posso aiutare il mio bambino ad accettare l’arrivo di una sorellina o di un fratellino?

L’attesa del nuovo arrivato deve essere un tempo di accoglienza, accogliamo con prossimità fisica qualsiasi reazione del primogenito, coinvolgendo i bambini ad esempio nella scelta del nome o nell’organizzare i nuovi spazi per la casa, nel preparare le cose che serviranno dopo la nascita, spieghiamo loro che anche il nuovo arrivatoi avrà bisogno delle sue cose e che a volte capiterà di dover condividere e che altre volte lui sarà da solo nel suo spazio e con voi, come è sempre stato.

Questo passaggio inizia fin da subito, nei momenti più delicati di passaggio e di cambiamento, coinvolgiamo i bambini mentre la mamma è in ospedale, anche se fisicamente non fosse possibile portarli in ospedale, tramite biglietti o foto e durante il primo giorno di arrivo a casa.

Ricordiamo l’importanza di accogliere anche stati di frustrazione, di paura e di fatica senza farlo sentire in colpa, o negare l’emozione, ma vivendo insieme a lui quei momenti, spiegando che è un nuovo inizio per tutti e voi siete lì per lui.

Come gestire la gelosia del primo figlio? 

La gelosia di cui si parla è una gelosia fisiologica, essa nasconde la paura di perdere le attenzioni e le cure da parte dei genitori a causa del nuovo arrivato, non può essere evitata, è uno stato emozionale che il bambino deve attraversare. Possiamo però accompagnarlo e sostenerlo affinché essa non peggiori e lui possa vivere questa fase di cambiamento sentendosi accolto e capito.

Non neghiamo le emozioni che un bambino vive, diamo loro un nome e facciamolo sentire accolto anche se mostra gelosia e questo scatena rabbia, permettendogli di vivere questo momento di passaggio senza ulteriori frustrazioni.

La regressione del fratello maggiore

A volte, non è sempre così, i bambini più grandi sembrano vivere un regressione che si traduce in atteggiamenti infantili, una maggiore esigenza di attenzione e di prossimità fisica, un aumento degli stati di tensione e delle situazioni di frustrazione, pianti più frequenti o delle difficoltà, seppur transitorie transitorie, per quanto riguarda il mangiare, il dormire o andare in bambino.

Questo genera nell’adulto frustrazione e fatica, per questo è bene condividere come vivere questa fase nella modalità più serena possibile.

Ricordiamoci che è un cambiamento importante che attiva i bambini e li coinvolge, sia dal punto di vista fisico che emotivo, le nuove emozioni che stanno vivendo fanno nascere una maggiore richiesta di attenzione che deve essere considerata perché cela dietro un bisogno. Un bisogno di maggior prossimità e attenzione, di sentirsi accolti anche se questo vuol dire dove avere maggior pazienza, prendersi del tempo e alcuni spazi di esclusività nel rapporto mamma-bambino e papà-bambino.

Verbalizziamo, tutte le volte che ci è possibile, cosa sta accadendo, diamo un nome e collocazione alle cose che accadono, evitando l’opposizione, lo scontro, le urla e i toni punitivi che non sono funzionali e risolutivi.

Noi non dobbiamo giustificare un comportamento se non adeguato ma legittimare le emozioni spiegando ai bambini come comportarsi quando si sentono così, ad esempio dicendo “va bene se ti sei arrabbiato, ma non devi tirare le cose” oppure “puoi mangiare da solo e senza urlare so che sei capace, io sono qui vicino a te non vado da nessuna parte”.

Possiamo accogliere un momento di pianto, se scatenato da una particolare situazione in cui si è concentrati sul più piccolo per esigenze fisiologiche o richiesta particolari, dicendo al primogenito: 

“Lo so che a volte il fratellino ti da un pò fastidio perché piange e perché vuole sempre la mamma, va bene sentirsi un po’ arrabbiati e tristi; anche se non urli io ti sento, sono qui con te”

Ricordiamoci che questa nuova fase di cambiamento dovrà avere il suo tempo affinché possa diventare una nuova routine in cui tutti i componenti della famiglia, con i propri tempi ed emozioni, possano sentirsi accolti, capiti e possano stare bene.

 

Dott.sa Antonia Palumbo

Pedagogista Clinico