Che cos’è l’identità di genere?

L’identità di genere è la percezione che ciascun individuo ha di sé stesso in quanto maschio o femmina. Per alcune persone può accadere che il sesso anatomico e l’identità di genere non trovino tra loro una corrispondenza e dunque, per esempio, alcuni individui anatomicamente di sesso femminile possono sentirsi come appartenenti al genere opposto o a nessun genere. Nella comunità LGBT si sente parlare, a questo proposito, del genere come di uno “spettro”, ai cui estremi opposti si trovano il genere maschile e quello femminile e tra questi è possibile individuare uno spettro continuo di generi. Il costrutto di identità di genere, inoltre, è qualcosa di diverso dall’orientamento sessuale della persona.

Il Codice dei Diritti Umani dell’Ontario individua le seguenti forme che può assumere l’identità di genere in quelle fattispecie in cui quest’ultima non coincide con l’identità sessuale assegnata alla nascita:

Transgender

Sono persone che, nel loro percorso di vita, hanno la percezione di vivere differenti identità di genere;

Transessuali

Sono persone, alla cui nascita, è stato attribuito un sesso biologico maschile o femminile, ma che identificano sé stesse in modo diverso;

Intersessuali

Sono le persone per le quali, alla nascita o dopo la pubertà, non è stata facile l’attribuzione di un sesso anatomico maschile o femminile; 

Cross-dresser

Sono persone che, al fine di favorire il proprio benessere psicologico e affettivo, indossano abiti solitamente attribuiti al sesso opposto;

Trans

Sono persone che, per vari motivi, si discostano dall’idea e dalle connotazioni che, nel senso comune e nel contesto sociale di appartenenza, si associano generalmente all’identità di uomo o di donna.

Che cos’è la disforia di genere?

La prevalenza della disforia di genere negli adulti è di 0,005-0,014 per le persone con sesso biologico maschile e 0,002-0.003% per le persone con sesso biologico femminile.  Con il termine disforia di genere si intende lo stato di profonda e persistente sofferenza, che può riguardare alcune persone che sentono la propria identità di genere come differente dal sesso anatomico, che in quanto tale è composto da tutta una serie di elementi, tra cui troviamo i cromosomi, le gonadi, i genitali esterni e i caratteri sessuali secondari. Le persone con disforia di genere possono sperimentare una sintomatologia ansiosa o depressiva, a cui si accompagnano difficoltà in ambito sociale e lavorativo, che possono condurre chi ne soffre a intervenire chirurgicamente sul proprio corpo o con trattamenti ormonali. Le persone con disforia di genere vivono un rapporto di grande conflittualità in primis con la propria dimensione corporea, sentita come estranea e fonte di disagio, ma anche con tutti quei comportamenti e quegli atteggiamenti che sono generalmente percepiti come tipici per il proprio sesso biologico. 

Come si manifesta la disforia di genere in età evolutiva?

Solitamente la disforia di genere in età evolutiva si manifesta nella forma di verbalizzazioni da parte del bambino di appartenere al sesso opposto (“mi piacerebbe essere un maschio -o una femmina-”) e si accompagna alla preferenza per indumenti e giochi, generalmente associati al sesso opposto, che può arrivare sino ad un aperto rifiuto a svolgere attività che, nel senso comune, vengono percepite come usuali per il proprio genere di appartenenza. Inoltre, spesso emergono vissuti ed emozioni spiacevoli nei riguardi dei genitali e delle caratteristiche secondarie tipiche del proprio sesso biologico. Naturalmente nell’età evolutiva qualsiasi componente fisica, emotiva e relazionale è in un momento particolarmente sensibile dello sviluppo e dunque può modificarsi anche in misura significativa con la crescita, per cui occorre essere assolutamente cauti nel formulare un’eventuale diagnosi di disforia di genere. Può infatti capitare che dei segnali emergano già tra i 2 e i 5 anni, per poi scomparire e fare nuovamente la loro comparsa in adolescenza. Inoltre la diagnosi di disforia deve seguire criteri precisi e clinicamente significativi, che hanno a che fare con questioni prettamente identitarie e non soltanto con le abitudini dei più piccoli. Per esempio, che un maschietto giochi con le bambole non significa assolutamente che abbia una disforia di genere, ma si tratta semplicemente di una modalità di quel bimbo di esprimersi e di vivere gli spazi e i tempi ludici in libertà e senza i pregiudizi e i preconcetti che sovente caratterizzano ancora oggi il mondo adulto. 

Il trattamento della disforia di genere: la terapia psicologica

Il trattamento  della disforia di genere è un intervento particolarmente complesso perché richiede di tenere conto di tutta una serie di fattori: l’età della persona e le caratteristiche di sviluppo della sua identità di genere, la considerazione di tutti i tipi di intervento possibili per la gestione della sofferenza esperita, l’eventuale comorbilità con altre condizioni cliniche o problematiche di natura psicosociale. Nel trattamento della disforia di genere in adolescenza è di importanza fondamentale la messa a fuoco dell’eventuale peso e dell’influenza che le aspettative famigliari possono avere sul decorso di un disturbo dell’identità di genere ed è dunque opportuno valutare l’opportunità di introdurre un percorso di supporto psicologico rivolto alle figure genitoriali. Inoltre in adolescenza in particolare il potersi definire transessuale, per esempio, può essere un modo che il ragazzo trova per uscire da un vissuto di indeterminatezza e, in tali frangenti, il disturbo di genere può essere ulteriormente intensificato da un’interconnessione tra una vulnerabilità individuale ed eventi esterni impattanti da un punto di vista emotivo (per esempio, perdite, lutti, separazioni, abbandoni).

 

Dott.sa Erika Marchetti

Psicologa Psicoterapeuta